09/06/17

Liu Yuchang, TÊTE-BÊCHE



["A Chunyu Bai the man, and an A Ching one of the girls?" (Hong Kong 2016). Foto Rb]



Titolo originale Duidao, 1972. Traduzione dal cinese in francese di Pascale Wei-Guinot, Arles, Philippe Picquier, 2003


Come nell’Ulysses di Joyce, nel romanzo di Liu due personaggi percorrono le vie della città, in questo caso Hong Kong, mettendone in rilievo aspetti simili e contrastanti tramite il flusso di coscienza reso dal discorso indiretto libero.

I personaggi di Liu sono Chunyu Bai, un finanziere in là con gli anni, emigrato da Shangai, che ha investito a Hong Kong in patrimoni immobiliari, arricchendosi, e rimemora il vissuto mentre osserva la configurazione urbana ingrandirsi e imbarbarirsi; e A Xing, una quindicenne che sogna a occhi aperti di conoscere un principe azzurro che abbia le fattezze degli attori da lei preferiti, tra i quali Bruce Lee e Alain Delon, e immagina di divenire stella del cinema o vedette della canzone pop, mentre la sua vita reale è quella di una famiglia povera, padre disoccupato, madre lavoratrice, necessità anche per la ragazza di trovare un impiego in fabbrica, destino al quale tenta di sottrarsi.

L’antinomia è, in parte, tra la Hong Kong del denaro e delle opportunità e quella della povertà: “Dans un endroit comme Hong-Kong l’argent est la clé de tout. Pour les gens riches, Hong-Kong est un vrai paradis. Pour les pauvres c’est un enfer” (p. 152).

Si tratta però anche di una contrapposizione tra età avanzata e giovinezza emergente, tra bilancio di una vita e speranza del futuro.

Chunyu Bai e A Xing assistono a volte alle stesse scene, per esempio quella di un furto, commentandole da diverse angolazioni. Si incontrano al cinema senza conoscersi, vicini di posto per la durata della proiezione, con riflessioni opposte riguardo la persona che sta accanto. Infine, con un gioco letterario-psicologico, sognano lei di lui e lui di lei in esperienze amorose.

L’orchestrazione è affidata al percorso di flâneur e ai pensieri ricorrenti, cosicché si ripetono i temi dominanti: dalla voce interiore di Chunyu Bai la speculazione edilizia, soprattutto, e da quella di A Xing la cultura popolare come aspirazione di una gioventù non disposta a schermi di vita tradizionali.

Una delle traduzioni del titolo del romanzo in inglese è “Intersections”. Pare sia stato questo meccanismo strutturale, ben evidenziato nel romanzo, ad attirare l’attenzione del regista Wong Kar Wai, che dichiara di essersi ispirato a Liu nel film In the Mood for Love. Wong e Liu sono autori di un volume, Tête Bêche: A Wong Kar Wai Project, in cui vengono appunto definiti i meccanismi strutturali che accomunano le due opere, quella letteraria e quella cinematografica [1].

Quanto ci sia di autobiografico nella narrazione di Liu, anch’egli emigrato da Shangai come il suo protagonista, e in che modo la deterritorializzazione possa contribuire alla creazione letteraria, lo mette in rilievo con chiarezza Leung Ping-kwan:

“From Liu Yichang we can see how a writer, amid the discordance and confusion of deterritorialization, could inherit and make good use of past cultural resources and personal experiences to break new ground in the face of a new cultural environment. His work has gone through stages of angry criticism and compromises, retreats and advances, to turn limitations into advantages. He in fact is one of the few who inherited literary modernism from Shanghai, combined it with the reality of Hong Kong’s unique cultural background, and created a new vision of Hong Kong literature” [2].


NOTE

[1] Testo analizzato da Yau Wai Ping in Martha P. Nochimson, a cura di, A Companion to Wong Kar Wai, Oxford, Wiley & Sons, 2016, pp. 550-551.
[2] Leung Ping-kwan, “Writing across Borders: Hong Kong’s 1950s and the Present”, in Deborah L. Madsen e Andrea Riemenschnitter, a cura di, Diasporic Histories: Cultural Archives of Chinese Transnationalism, Hong Kong University Press, 2009, p. 28.


[Roberto Bertoni]