19/06/16

Antonio Gibelli, L’OFFICINA DELLA GUERRA




[Symbol (Killiney 2016). Foto Rb]


Antonio Gibelli, L'officina della guerra. Sottotitolo: la Grande Guerra e la trasformazione del mondo mentale. I ed. 1991. Torino, Bollati Boringhieri 2007


Si tratta di un libro che ha segnato punti di svolta nella valutazione della prima guerra mondiale, di cui si occupa non solo dal punto di vista della salute mentale dei soldati al fronte, ma anche, e forse soprattutto, di quell’evento come spartiacque della modernità, in quanto fu proprio in quell’occasione che vennero sperimentate nuove tecnologie e si posero le basi per la società futura: “la guerra è vista nei termini di un evento chiave della storia culturale che segna il tramonto definitivo del mondo ottocentesco e inaugura e anticipa il ‘secolo degli estremi’” (p. XIII).

I connotati della modernità anticipata dalla Grande Guerra sono soprattutto “il binomio Stato-industria” (p. 10) e “il trionfo dell’elemento artificiale su quello naturale” (pp. 10-11).

La prima guerra mondiale, per le tecniche di sterminio e le strategie militari, venne a sua volta anticipata dalla guerra russo-giapponese del 1904-1905, che “aveva trasformato e deformato in modo permanente le sue vittime, prolungandosi indefinitamente sui loro corpi, imprimendo su di essi un marchio indelebile non solo sotto forma di mutilazioni, ma come esperienza di dolore vivo e di dissesto nervoso destinata a prolungarsi nel tempo” (p. 17). È inoltre nel corso di questo conflitto che si hanno le testimonianze di psichiatri e medici, oltre alle “scritture della gente comune”, che costituiscono la base delle testimonianze di interesse per lo studio di Gibelli (p. 7).

“La prima guerra tecnologica di massa costituisce un grande campo di riflessione intorno ai rapporti tra evento e memoria, tra memoria e oblio. Esso sembra determinare insieme una difficoltà di ricordare e una difficoltà di dimenticare” (p. 47). Così, se da un lato si moltiplicano diari e lettere riferite all’avvenimento, dall’altra si dispiega l’“indicibilità intrinseca dell’esperienza di guerra” (p. 50), dovuta a una tendenza alla rimozione dell’orrore e alla comunicazione edulcorata per i parenti cui molte lettere sono indirizzate. Nondimeno, la prima guerra mondiale si può considerare momento cruciale di comparsa dell’“autobiografia popolare” (p. 61), che si presenta spesso come forma di “resistenza […], riconquista di sé e sottrazione agli imperativi della mobilitazione e della massificazione” (pp. 62-63).


[Roberto Bertoni]