29/05/16

Daniel Mason, A FAR COUNTRY


["That window of memory..." (Wexford 2016). Foto Rb]


Daniel Mason, A Far Country, Londra, Picador, 2007


Su Carte allineate avevamo recensito un altro romanzo di Mason, The Piano Tuner. Legato al precedente dall’interesse per i paesi delle aree in via di sviluppo, ma diverso dal testo precedente per impostazione (non è un romanzo storico) e per connotazioni geografiche, A Far Country racconta la storia di Isabel, un’adolescente che, dal villaggio rurale impostato sulla canna da zucchero, spinta dai genitori, si reca in città a fare da baby-sitter alla cugina che lavora lontano dal luogo in cui risiede e torna a casa il fine settimana e il cui marito, navigante, rientra quando il lavoro glielo consente. Unita da un affetto profondo al fratello Isaia, Isabel spera di trovarlo nella metropoli, dove è scomparso in cerca di fortuna col sogno nel cassetto di diventare un musicista di successo. Mantiene buoni rapporti con un’amica adattatasi alla sopravvivenza nel mondo corrotto della città senza lasciarsi influenzare dalle modalità urbane. Un fotografo ambulante intreccia una storia platonica con lei. Infine Isaia riappare ai margini della discarica dei cui prodotti laterali sopravvive. C’è in un certo senso un lieto fine con la ricongiunzione familiare, mentre arriva dalla campagna un’altra ragazza che si presume percorrerà lo stesso itinerario di Isabel.

La ciclicità dell’esperienza della protagonista è emblematica della difficoltà di vita dei diseredati dei paesi più poveri del mondo. L’indeterminatezza geografica, per la quale si citano solo alcuni nomi di località, che potrebbero trovarsi in qualsiasi paese del mondo di religione cristiana e credenza anche animistiche, accresce il senso emblematico e mondializzato della storia narrata. Nella nostra immaginazione, abbiamo provato a immaginare il romanzo ambientato nelle Filippine, per i cenni alle periferie povere fatte di baracche e in crescita con l’arrivo costante di immigranti interni e per altri dettagli di ambiente e di comportamenti.

La narrazione è in terza persona, col punto di vista costante di Isabel. All’inizio c’è un cenno di realismo fantastico, dato che da bambina la protagonista riusciva a percepire la presenza degli spettri e a collocare le persone anche senza essere loro vicino, abilità scomparsa con l’età. Questo elemento si disperde dunque nel corso della narrazione, un che misteriosamente.

Il contrasto tra la mentalità del paese e l’inurbamento, la conservazione delle dignità e della fibra caratteriale originaria nonostante il dislocamento spazio-temporale, una carica di umanità compresa dall’interno, con partecipazione e senza patetismo, rendono il romanzo impegnato socialmente oltre che ben scritto e strutturato letterariamente.


[Roberto Bertoni]