25/01/15

Phillip Noyce, THE GIVER




USA 2014. Con Jeff Bridges, Katie Holmes, Cameron Monaghan, Odeya Rush, Meryl Streep, Taylor Swift, Brenton Thwaytes


Il film è tratto dal primo volume della quadrilogia di fantascienza per adolescenti The Giver Quartet (i quattro volumi pubblicati tra il 1993 e il 2012), di Lois Lowry; e ne costituisce una lettura abbastanza fedele, tranne qualche evasione e complicanza d’intreccio e il finale.

Si è trasportati in una società apparentemente utopica, in cui, a soluzione di un passato bellicoso e distruttivo, si è determinato un insieme di comunità di piccole dimensioni, con regole di controllo razionale delle emozioni, sincerità assoluta, rispetto degli altri e delle norme. L’apparenza consiste nel fatto che le emozioni, come in Brave New World di Huxley, sono contenute assumendo una droga obbligatoria quotidianamente; e si pratica l’eutanasia per i soggetti a rischio, o non corrispondenti a criteri eugenetici, o che per una ragione o per l’altra si rivelano ribelli, dunque pericolosi per la coesione sociale e la comunità. Né soffrono gli uccisi in questo modo, né sono consapevoli di uccidere coloro che somministrano le sostanze letali.

Il potere politico è detenuto da un Consiglio di Anziani. La storia è stata congelata e abolita, in quanto giudicata pericolosa per la serenità. Le intenzioni di questa società utopica/distopica sono, a dire il vero, di garantire il benessere. Strana la miscela di controllo delle emozioni caotiche, contestata in questo film dallo sviluppo dell’intreccio che vede il protagonista intenzionato a restaurarle, quando la loro nocività è lampante; e all’opposto l’eliminazione dei diversi, che veramente non avrebbe una ragione logica di coesistere con l’assunto precedente.

Il “giver” del titolo è l’unico individuo che ha il dovere di conservare la memoria storica di quanto ha preceduto la fondazione di questa società. Giunto il momento di trasmettere l’incarico a un giovane “receiver”, nel mostrargli sia le emozioni positive quali l’affetto, che quelle negative come la violenza, lo conduce verso una crisi personale, che spinge a una ribellione: il giovane riesce a fuggire dalla zona delle comunità, a superare non catturato la cinta dell’emotività soppressa, infine a disintegrarla, restaurando alle comunità il colore (vedevano tutto, e così nel film, in bianco e nero) e le tanto agognate emozioni.

C’è di più nell’intreccio, in particolare un triangolo amoroso tra adolescenti; la leader della società qui descritta in conflitto con l’intellettuale “giver”; e così via.

Non è un brutto film. In particolare la delimitazione spaziale della zona delle comunità è ben resa, in cima a un altopiano al di sopra delle nubi, con villaggi moderni, ecologici, di edifici ben costruiti.


[Roberto Bertoni]