03/01/15

NOAH ED EXODUS: DEI E RE


Ridley Scott, Exodus: dei e re, USA, UK, Francia, 2014, con Christian Bale, Joel Edgerton, Ben Kingsley, Aaron Paul e Sigourney Weaver.
Darren Aronovssky, Noah, USA, 2014, con Douglas Booth, Leo McHugh Crroll, Jennifer Connolly, Russel Crowe, Anthony Hopkins, Logan Lerman, Ray Winstone.


Mah. La spettacolarità corredata da effetti speciali e la distorsione gratuita, o meglio forse motivata commercialmente, diciamo magari modernizzante, delle “favole antiche”, come le chiamava Leopardi, non sono il nostro forte, quindi abbiamo avuto qualche problema ad assorbire i due film del 2014 di stampo “colossal” di rilancio di episodi biblici: Noah e Exodus: dei e re.

Sia nel caso di Noè che in quello di Mosè, se si legge la versione biblica, essa procede con chiarezza, linearità, efficacia, concisione. Non così nelle versioni cinematografiche, che distorcono le storie originarie, trasformandole in fantasy. Ci sarebbe anche da domandarsi, nella scarsità di lettori della Bibbia
ai nostri giorni, se chi vede questi due film penserà che la vicenda cinematografica di Noè e quella di Mosè siano fedeli al testo sacro. Cioè, i due film hanno una funzione più diseducativa che educativa, sebbene non mettano in questione l’idea di Dio e la religione. Noi comunque, in questo contesto stiamo solo parlando di filologia, includendo il significato simbolico delle due storie, sia che le si guardi da un’angolazione religiosa o laica.

Se I dieci comandamenti di Louis De Mille (versione del 1956), restava abbastanza fedele alla fabula originale di Mosè, era al contempo caratterizzato da una recitazione hollywoodiana discutibile in termini di filologia dei costumi e dei comportamenti autentici degli antichi, infine anche i prodigi risultavano un che coartati. Al contrario Exodus, con gli effetti speciali dei nostri tempi, ricostruisce le città egiziane con concessioni architettoniche che le portano in vita e reinterpreta, consono allo scientismo vigente, l’apertura del Mar Rosso come un’onda di tsunami. Perché, però, il regista Scott toglie la verga a Mosè? Questo non l’abbiamo francamente capito. Invece, l’invenzione di una rivalità con un fratello egizio si spiega con la necessità di dare un intreccio narrativo con l’oppositore individuale. I due protagonisti del film, il Patriarca e il Faraone, diventano eroi fantasy invece che rappresentanti di due autorità forti sul piano politico e intese a preservare ciascuno valori sacri. Nondimeno, la pellicola, pur se giudicata negativamente da diversi critici sul piano estetico, a livello di intrattenimento è piuttosto accattivante. Però, per divertire, perché scegliere una storia sacra e poi confezionarla come una storia profana?

Quando a Noah di Aronofsky, successore di diverse versioni filmiche, fin dai tempi del muto, si presenta come un prodotto senz’altro eretico che, servendosi di un’ambientazione vagamente fantascientifica, richiamando tra l’altro gli angeli caduti trasformati in statue parlanti e grottesche di pietra, piazzando Tubal Caino ai tempi di Noè come il suo nemico principale, e accreditando una interpretazione che avesse inventato le armi da guerra, ma facendone il boss di una banda di fanatici violenti, fa fraintendere al Patriarca il messaggio divino: cioè il Noè fondamentalista ecologo di questo film ritiene che Dio gli abbia affidato il compito di distruggere l’intera umanità e salvare solo le bestie, pertanto se nasceranno delle figlie a sua nuora promette di ucciderle, in quanto potrebbero procreare, ma fortunatamente al momento della nascita di due gemelle non riesce a sopprimere le neonate e sarà la nuora a spiegargli che Dio ha voluto metterlo alla prova, concedendogli di dare all’umanità una seconda possibilità. La Bibbia, a dire il vero, parla chiaro: Dio dice a Noè di prendere con sé sua moglie, i suoi figli e le loro mogli; manderà il diluvio: e questi esseri umani residui, insieme agli animali, saranno gli unici superstiti da cui rinascerà l’umanità. Ora, ci si domanda, nel film, oltre alla distorsione di chi si porta dietro Noè sull’arca e dei suoi chiari scopi, c’è anche una questione di incesto, perché restano sulla terra un figlio di Noè in conflitto col padre che se ne va da solo per la sua strada; altri due figli di Noè, uno sposato con due figlie e uno scapolo e bambino: da chi nasceranno i prossimi esseri umani? Veramente siamo nel grottesco (o nel freudiano?).

Tra i critici, naturalmente, c’è chi ha notato la distorsione, che a nostro parere è anche un elemento di cattivo gusto. E tra i religiosi, c’è chi ha detto, di Noah per lo meno, che non è nocivo, in quanto in un modo o nell’altro avvicina alla storia sacra, spingerà forse a leggere l’originale e cercare di capirlo.


[Roberto Bertoni]