05/01/15

Aleksandr Sergeevič Puškin, LA FIGLIA DEL CAPITANO



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[That old fashioned, tidy, symmetrical soldier... (Paris 2014). Foto Rb]





Aleksandr Sergeevič Puškin, La figlia del capitano (1836). In Opere, a cura di E. Bazzarelli e G. Spendel. Milano, Mondadori, 2000, pp. 807-945




La scrittura di Puškin, rapida, incisiva, e allo stesso tempo dettagliata e chiara, conferisce un’aura di modernità a questo romanzo così storicamente immerso negli eventi del secondo Settecento russo, con la rivolta dei Cosacchi, capeggiata da Pugačëv, del 1773-1774. Il leader cosacco si fece passare per Pietro III, fingendo che egli non fosse deceduto, ma surrettiziamente fosse stato esautorato dalla moglie Caterina II, che ne era in realtà vedova e regnava sulla Russia, corrispondendo con Voltaire e ospitando Montesquieu, al contempo rafforzando, con palese contraddizione ideologica, l’assolutismo, elemento, questo che costituì uno degli aspetti rilevanti della rivolta. Lealista, Puškin scrisse uninteressante storia di quella ribellione, basata in parte su materiali d’archivio da lui stesso ricercati e attivati: si tratta di una cronaca accurata e saliente dei fatti [1].

Invece, nel romanzo La figlia del Capitano, Pugačëv viene rappresentato come un eroe primitivo e istintuale, autore di efferatezze, capo alla pari tra i suoi luogotenenti nei consigli di guerra dietro le quinte e sovrano assoluto come facciata esterna di fronte ai sudditi, abile in guerra, nondimeno capace di onorare un’amicizia col protagonista russo, Pëtr Andréevič Grinëv, figlio di buona famiglia, avviato dal padre ex ufficiale alla carriera militare nella fortezza isolata di Belogorsk, presso Orenborg ( e ci domandiamo quanto il capitolo III, in cui la fortezza compare per la prima volta, non abbia influenzato il Buzzati del Deserto ei Tartari). Nel viaggio verso Oremborg, Pëtr salva la vita a un uomo che più tardi si rivelerà essere Pugačëv, il quale per questo lo risparmia. Sebbene Pëtr si trovi più volte nell’entourage di Pugačëv per ragioni onorevoli, dopo la repressione della rivolta viene accusato di tradimento, in parte per testimonianze della strana amicizia che Pugačëv nutriva per lui, in parte per le maldicenze e il tradimento del suo rivale Švabrin. Sarà salvato dall’intercessione della fidanzata, Maša, presso Caterina II, che nel romanzo svolge dunque un ruolo positivo e umanitario.

Da un lato, dunque, ci si ritrova nell’ambito del romanzo storico. Dall’altro, sono i rapporti umani a evidenziarsi sullo sfondo degli eventi sociali, tragici. La rivalità per amore con l’antagonista Švabrin respinto da Maša e le sue azioni disonorevoli, che nondimeno all’inizio sembrano sortire effetti positivi. L’innocenza di Maša e la sua sofferenza per la perdita dei genitori trucidati dai cosacchi e poi per l’arresto ingiusto di Pëtr.

Tra le versioni per lo schermo, e a testimonianza di un interesse italiano spiccato per questa storia, anche verso il pubblico dei mass media, oltre ai film di Camerini (1947) e Lattuada (1958) si ricordano lo sceneggiato televisivo del 1965, per la regia di Leonardo Cortese, piuttosto fedele al testo originale, e teatrale nella struttura e nella recitazione, da noi preferito al film di Rai Fiction del 2011 (regia di Giacomo Campiotti).


[Roberto Bertoni]


[1] Storia della rivolta di Pugačëv, 1834, in Opere, cit., pp. 1041-1150.