17/10/14

Massimo Gorki, LA MADRE

[Ground sculpture (Lusk 2014). Foto Rb]


Massimo Gorki, La madre. Sottotitolo: Romanzo di vita russa. Prima edizione russa in rivista, 1907. Milano, Monanni, 1928


La madre è un romanzo-manifesto del realismo socialista; allo stesso tempo rappresenta un accostamento emotivo alla figura materna, rendendola metafora dell’abnegazione per tutti coloro che soffrono se espropriati e sottoposti a ingiustizie.

Attraverso la rappresentazione di un villaggio operaio del primo Novecento, emergono dalle pagine del volume le angherie del padronato e della polizia che lo difende, l’alienazione dei lavoratori che riparano talora nell’alcol e sfogano l’aggressività sui familiari, percotendo la moglie e negando affetto ai figli.

Da questa esistenza rassegnata quanto abbruttita, emerge la nuova generazione che gradualmente si orienta verso il socialismo nelle sue varie connotazioni, quello anarchico-sindacalista violento che Gorki chiaramente giudica in negativo, evidenziandone la pericolosità per il movimento operaio; e quello da lui stesso condiviso con la pratica politica, il marxismo bolscevico.

Qui i giovani, e la madre poco per volta con loro, organizzano una cellula di propaganda che matura influenzando gli operai e perseguitata con l’arresto e il carcere. Il figlio di questa storia decide di affrontare il processo invece della fuga dalla prigione, pur se essa sarebbe possibile, per trasformare la condanna in un caso esemplare. Sebbene negato da un tribunale-farsa, resta il suo gesto sul piano etico, dimensione che Gorki evidenzia assieme a un’epica della rettitudine.

Il romanzo ha fini di commozione e di didattismo, con brani quali:

“Noi siamo socialisti, cioè avversari della proprietà privata, la quale separa gli uomini, li arma gli uni contro gli altri, crea un’inconciliabile diversità d’interessi. Noi diciamo: una società che considera l’uomo come un semplice strumento per arricchirsi è contraria alle leggi dell’umanità; noi non possiamo adattarci alla sua morale di menzogna. Noi lottiamo e lotteremo contro tutte le forme dell’asservimento fisico e morale cui questa società sottopone l’uomo” (p. 346).

I rivoluzionari del romanzo provengono da vari background sociali: in prevalenza operai, ma anche piccolo borghesi (Sasha) e borghesi (Ludomilla) che hanno rinnegato le origini di classe per dedicarsi alla causa.

L’esempio personale sconfina nel sacrificio. Nicola paga di persona con un supplizio fisico, maltrattato dalle autorità e poi arrestato. Paolo, il figlio protagonista, “soffre per la causa comune”. L’operaio in genere “soffre e soffre, ma un bel giorno la pazienza gli scappa” (p. 88).

Tra le versioni cinematografiche, memorabile quella muta del 1926 di Pudovkin per l’espressionismo estetico innestato su una base ideologica real-socialista che la caratterizza.


[Roberto Bertoni]