09/05/14

Anthony Elliott, REINVENTION



["That was an old-fashioned invitation to adopt a new identity" (Glendalough, March 2014). Foto Rb]


Anthony Elliott, Reinvention. Abingdon (Oxford) e New York, Routledge, 2013

Sulla scorta dell’analisi della società tardo-moderna, liquida, flessibile, da parte di sociologi quali Bauman, Beck, Giddens, Sennett, questo volume, proseguendo gli studi di Elliott sull’individualismo, esamina una manifestazione specifica del comportamento personale e collettivo in relazione alle modalità di integrazione sociale e di sviluppo psicologico.

Il concetto base è qui quello di “reinvenzione” di sé in un’evoluzione costante da un’esperienza di vita, o lavorativa, alla seguente: reinventare il proprio modo di essere pare essere diventata una necessità che consente avanzamenti di carriera come pure maggiore sicurezza in se stessi.

Perché? Secondo Elliott, una delle ragioni è che “if reinvention reigns supreme it is because flexibility, adaptability and transformation have become intricately interwoven with the global electronic economy. In a world of endless corporate lay-offs, institutional off-shorings and company reorganizations, people are scrambling to adjust to new definitions and experiences of self, relationships, intimacies, work and many others”.

Tra le aree d’indagine di Elliott troviamo l’industria della bellezza, soprattutto le plastiche e altre metamorfosi cosmetiche, e le diete, elemento quest’ultimo di una nuova moda consumistica che propone “instant change and fast solutions” a un’altra e opposta moda consumistica, che è quella del “fast food”, entrambe legate non solo all’apparenza, ma alla rapidità con cui la trasformazione di sé è oggi richiesta, in parte a imitazione delle vite illustri delle celebrità del mondo dello spettacolo, e scendendo a diventare prodotto di massa, diffuso tra strati ampi della popolazione.

La reinvenzione si collega al neo-individualismo, che impone il rovesciamento dei segni dell’età e la riformulazione di una vita personale, dopo esperienze di fallimento come il divorzio o il licenziamento, in nome non tanto di una produttività accresciuta, quanto di una vanità istituzionalizzata, determinata a ogni buon conto dalle dinamiche consumistiche che caratterizzano ogni istante della vita associata contemporanea, per cui un corpo o una personalità “reinventati” si “vendono” meglio sul mercato del lavoro, dei sentimenti, delle relazioni interpersonali in genere:

“When we engage in reinvention practices, in whatever ways, we move away from inherited or traditional notions of what is considered appropriate ways of doing things, or conventional ways of living lives. Reinvention is […], in effect, an experiment with possible versions of the self, an experiment with alternative versions of social life. From this angle, reinvention can be enabling, indeed freeing; it can however also be disabling, and even pathological”.


[Roberto Bertoni]