07/11/12

Paola Capriolo, CAINO


Milano, Bompiani, 2012


Max, operatore pubblicitario abbiente, uccide la collaboratrice familiare, Milagro, extracomunitaria di origine latino-americana. L’omicidio viene occultato per iniziativa principalmente della moglie, ma Max si suicida qualche tempo dopo. Questo, in breve, l’assunto narrativo del romanzo di Capriolo. Resta in sospeso la vera ragione dell’omicidio: forse l’assassino ha perpetrato il delitto per un’esasperazione irrazionale nei confronti della donna; forse aveva bisogno di designare una vittima (la uccide dopo avere assistito allo stupro ai suoi danni da parte di una banda neonazista). Allegoricamente, Milagro rappresenta il debole e il diverso emarginati, alienati e respinti. La società dei consumi e del benessere li sopprime e se ne disfa fisicamente e moralmente.

Il rapporto tra le diverse classi sociali è molto marcato. Alla superficialità di consumatrice esperta della moglie di Max corrisponde il non avere niente, se non la propria catena di nostalgie e affetti del paese di provenienza, la fede religiosa, la mancanza di bisogni del superfluo di Milagro.

C’è un elemento religioso. Il titolo stesso rimanda alla figurazione biblica di Caino e Abele. E a Milagro appare la visione, a lei sola disponibile, di un essere luminoso e magico, da interpretarsi come manifestazione del divino. Il miracolo cui rimanda il nome della protagonista è l’apparizione di un fiore materializzatosi dal nulla, che è invece visibile a tutti nelle ultime pagine.

L’apparizione e la comparsa del fiore sono al contempo aspetti del fantastico, com’è proprio di vari romanzi di Capriolo. Il fatto che la ragazza lieviti (visibile in questo solo dal figlio di Max) richiama Teorema di Pasolini, film in cui la domestica, allora meridionale (oggi in Capriolo, con aggiornamento sociologico, extracomunitaria) era prossima alla divinità e si trasformava in essere levitante e tautamaturgico. Come l’ospite di Teorema, in Caino Milagro getta scompiglio nella famiglia in cui è ricevuta. L’elaborazione autonoma di Capriolo ne fa però un agente della tragedia dell’oppressione (la violenza subita e l’uccisione), esponendo inoltre residui etici nel borghese cinico con cui è entrata in contatto (che si uccide per rimorso).

L’autrice dichiara:

“È anche se non soprattutto un libro sul mondo di oggi, però visto come di traverso, cioè come appare e come si dimostra il mondo in cui viviamo, che consideriamo come ovvio, come l’unico mondo possibile, o il migliore dei mondi possibili, quando viene posto a confronto con qualcosa di totalmente diverso: in questo caso il totalmente diverso è appunto Milagro con le sue visioni, anche però con il suo candore, con la sua ingenuità” [1].

In parte, per il carattere emblematico e per lo sfondo ideologico cristiano, è apparentabile, pur nel diverso sviluppo strutturale e tematico, al Villaggio di cartone di Ermanno Olmi [2].


NOTE


[2] Cfr. la recensione su “Carte allineate”, 3-9-2012.


[Roberto Bertoni]