01/09/12

Ermanno Rea, LA COMUNISTA. DUE STORIE NAPOLETANE


Firenze, Giunti, 2012


Il volume si compone di due racconti: quello che gli dà il titolo e  L’OCCHIO DEL VESUVIO (LE AVVENTURE DI UN POVERO POLACCO DI TALENTO). Una NOTA DELL’AUTORE avverte che il secondo testo è una rielaborazione dell’UOMO DALLE MANI D’ORO (Palermo, Sellerio, 2009), riambientato sotto il Vesuvio invece che nella campagna romana com’era originariamente.

LA COMUNISTA, a sua volta, si ricollega a MISTERO NAPOLETANO, uno dei libri più noti di Rea, in cui veniva descritto il modo di essere dei comunisti napoletani degli anni Cinquanta, lo stalinismo della direzione, la vicenda esistenziale della protagonista Francesca, conclusasi col suicidio [1].

Questa volta il rapporto del narratore (ma anche dell’autore) con Francesca è rivisitato con toni più personali dalla rivelazione di un’amicizia caratterizzata da un amore platonico che non sfociò in una relazione e dal riferimento a reazioni diversificate a MISTERO NAPOLETANO da parte dei comunisti di un tempo (dediti, ancora decenni dopo, a difendersi dalla possibilità di essere stati stalinisti), di un ammiratore della protagonista innamoratosi di lei attraverso la lettura del libro, di testimoni dei fatti e del periodo coinvolti dalla narrazione, che così s’instaura, com’è proprio di Rea, in intercapedini tra narratività e cronaca, ma inserendo in più, in questa storia, un elemento fantastico.

Infatti, Francesca è ora un fantasma che, per concessione di un breve periodo terreno prima di rientrare nell’Oltreterra, fisicamente restata giovane com’era al momento del decesso, dialoga col narratore, rievocando un passato comune, o meglio ascoltandolo colmare le lacune di quel che non sapeva, dato che in questa immaginazione è così per i trapassati: la memoria è incerta; e sono venuti a conoscenza di alcuni avvenimenti succesivi alla morte, ma non di altri.

Va detto che, in quanto lettori, troviamo Rea compatibile con le ideologie e i gusti letterari personali, per cui abbiamo aderito a questo racconto elegante, caratterizzato da dialoghi senza virgolette e flussi di discorso indiretto libero non lunghi e scritti in un italiano standard di qualità e precisione; nonché al messaggio sociale: sapere che il comunismo di un tempo non è più tale, eppure “sognare e lottare per l’impossibile” (p. 65), augurarsi insomma l’utopia.

L’OCCHIO DEL VESUVIO è un racconto del pari ben intagliato linguisticamente; con riferimenti leopardiani e ad altre fonti letterarie, frequenti relativamente all’incombere del vulcano sulla zona circostante: lo si vede dalla finestra della casa del professor Lucio Ammenda, il personaggio che assume alle proprie dipendenze come tuttofare Tadeusz, un polacco immigrato.

La presenza del vulcano innesta uno degli aspetti di riflessione del testo: il fatalismo, in quanto sentimento proprio della napoletanità e più in generale della vita nel mondo globalizzato: “Noi siamo esattamente così. Fatalisti? Forse è la parola giusta. Tadeusz, diventa come noi: fatalista. È il solo modo di sopravvivere, qui come altrove” (p. 98).

Il professore è un bibliofilo appassionato. La regolarità della sua routine contrasta con quella sporadica di Tadeusz, che si è allontanato dalla Polonia per irrequietezza più che per bisogno; e pare trovare in Italia la realizzazione delle proprie capacità. Sa fare di tutto e lo fa bene. Il capolavoro è la creazione di una libreria costruita a regola d’arte e capace di contenere i ventimila volumi della biblioteca di Ammenda.

I rapporti tra quest’ultimo e Tadeusz sono improntati a curiosità reciproca, privi di sentimentalismi ma non esenti da affetto oltre che da stima.

Il mondo della migrazione è visto come un dato di fatto della zona; e l’integrazione tra polacchi e italiani è data dal rispetto che gli uni acquisiscono reciprocamente presso gli altri, dall’apprendimento linguistico da parte dei migranti e dalla cifra umana che al fondo percorre questa storia.

Si tratta di un’amicizia riuscita, meno problematica, per quanto non durevole a causa di eventi esterni (il ritorno di Tadeusz in Polonia la conclude necessariamente), di quella tra il narratore e il personaggio Caracas di NAPOLI FERROVIA [2].  


NOTE

[1] Cfr. la recensione su Carte allineate 3-8-2012.
[2] Cfr. la recensione su Carte allineate 5-6-2011.